sabato 9 maggio 2020

DOPO IL LOCKDOWN LE PAROLE DA RICORDARE:


Le riflessioni di Pupi Avati e la Rai


Con una lunga lettera che è riflessione e auspicio, il grande regista propone scelte coraggiose alla RAI e mette sotto accusa quelli che fino a ieri hanno occupato TV e media per dirci che loro sanno tutto del virus e degli anticorpi; quelli che improvvisandosi professori dimenticano di essere solo dei modesti politici che dispensano pseudo lezioni di senso civico.  Pupi Avati si lancia in nome di centinaia di migliaia di utenti della TV di Stato (e perché no, anche di quella più inutile e vuota TV commerciale). Il messaggio del regista alla cara Rai forse cadrà nel vuoto, ma il sasso è lanciato. Grande Pupi, uomo di provincia che merita di essere cittadino onorario del mondo. Mi fa piacere leggere quanto ha scritto poiché, giorni fa, avevo io stesso come tanti interpretato questo bisogno di fare scelte culturali diverse con con i mezzi che ho a disposizione: riaprendo un vecchio blog dove ogni giorno, o quasi, propongo musica di alto livello, forse in alcune scelte, ' di nicchia', da ascoltare, da e per meditare; che ci aiuta sognare, perché un uomo che non è più capace di sognare significa che si va spegnendo poco alla volta. E questo, in sintesi, Avati afferma nel lungo appello di speranza servito’ in tempo di Coronavirus.

Lettera alla RAI, di Pupi Avati

Dormo di più la mattina, nel silenzio profondo, cimiteriale di una città morta, appartengo anagraficamente alla categoria di quelli più svelti a morire.

Ma in questo sterminato silenzio, che è sacro e misterioso e che ci fa comprendere la nostra pochezza, la nostra vigliaccheria, ci commuove la consapevolezza dei tanti che stanno mettendo a repentaglio le loro vite per salvarci.

E questo stesso silenzio sarebbe opportuno per i tanti che, destituiti di ogni competenza specifica, continuano a sproloquiare saltapicchiando da un programma all'altro privi di ogni pudore, di ogni senso del limite. Coloro che con tanta solerzia, con tanta supponenza, ci hanno accompagnato nel corso degli ultimi decenni appartengono al Prima del Coronavirus, quando era possibile il cazzeggio. Ora, se usciremo da questa esperienza, dovremo farne tesoro, dovremo trovare un senso a quello che è accaduto, soccorrendo le tante famiglie di chi ha pagato con la vita, aiutando a superare le difficoltà enormi, spesso insormontabili, nelle quali si troveranno i più, impegnandoci tutti a sostituire il dire con il fare, come accadde dopo la liberazione.

Quello che provo somiglia a quando al cinematografo negli anni cinquanta si rompeva la pellicola e accadeva che venivi scaraventato fuori da quella storia che era stata capace di sottrarti allo squallore del tuo quotidiano. Rottura accolta da un boato di delusione simultaneo all'accensione improvvisa di luci fastidiose. Me ne restavo seduto, stretto in me stesso, cercando di tenermi dentro il film, “ dimmi quando ricomincia“ dicevo a mia madre tenendo gli occhi chiusi e pregando perché quelli su in cabina si sbrigassero a riattaccare la pellicola. Perché fossi restituito al più presto a quel magico altrove. Ecco, questo tempo che sto vivendo che non somiglia a niente, è un pezzo della mia vita che vivo con gli occhi chiusi, in attesa di poterli riaprire.
E quel mondo che si sta allontanando, che non tornerà più ad esserci, che non piaceva a nessuno, del quale tutti si lamentavano, eppure temo che di quel mondo proveremo una crescente nostalgia.
E allora mi chiedo perché In questo tempo sospeso, tra il reale e l’irreale come in assenza di gravità, i media e soprattutto la televisione e soprattutto la RAI, in un momento in cui il Dio Mercato al quale dobbiamo la generale acquiescenza all’Auditel, non approfitti di questa tregua sabbatica di settimane, di mesi, per sconvolgere totalmente i suoi palinsesti dando al paese l’opportunità di crescere culturalmente. Perché non si sconvolgono i palinsesti programmando finalmente i grandi film, i grandi concerti di musica classica, di jazz, di pop, i documentari sulla vita e le opere dei grandi pittori, dei grandi scultori, dei grandi architetti, la lettura dei testi dei grandi scrittori, la prosa, la poesia, la danza, insomma perché non diamo la possibilità a milioni di utenti di scoprire che c’è altro, al di là dello sterile cicaleccio dei salotti frequentati da vip o dai soliti opinionisti. Perché non proporre quel tipo di programmazione che fa rizzare i capelli ai pubblicitari! Perché non approfittiamo di questa così speciale opportunità per provare a far crescere culturalmente il paese stravolgendo davvero i vecchi parametri, contando sull'effetto terapeutico della bellezza? Il mio appello va al Presidente, al Direttore Generale, al Consiglio di Amministrazione della RAI affinché mettano mano a un progetto così ambizioso e tuttavia così economico. Progetto che ci faccia trovare, quando in cabina finalmente saranno stati in grado di aggiustare la pellicola, migliori, più consapevoli di come eravamo quando all'improvviso si interruppe la proiezione. E potremo allora riaprire gli occhi.
Pupi Avati

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E ADESSO PARLIAMO DI MUSICA. 
Il brano che ho scelto oggi è diventato famoso grazie a uno dei più belli tra gli spot degli ultimi mesi, quello di TIM per il 5G. E' "Che puro ciel". da Orfeo ed Euridice, di Gluk. Prossimamente  cambierò registro con alcuni brani ...dirompenti.



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