
Le riflessioni di Pupi Avati e la Rai
Con una lunga lettera che è riflessione e auspicio, il grande regista propone scelte coraggiose alla RAI e mette sotto accusa quelli che fino a ieri hanno occupato TV e media per dirci che loro sanno tutto del virus e degli anticorpi; quelli che improvvisandosi professori dimenticano di essere solo dei modesti politici che dispensano pseudo lezioni di senso civico. Pupi Avati si lancia in nome di centinaia di migliaia di utenti della
TV di Stato (e perché no, anche di quella più inutile e vuota TV commerciale).
Il messaggio del regista alla cara Rai forse cadrà nel vuoto, ma il sasso è
lanciato. Grande Pupi, uomo di provincia che merita di essere cittadino
onorario del mondo. Mi fa piacere leggere quanto ha scritto poiché, giorni fa,
avevo io stesso come tanti interpretato questo bisogno di fare scelte culturali diverse con con i mezzi che ho a disposizione: riaprendo un vecchio blog dove ogni giorno, o quasi, propongo musica di alto
livello, forse in alcune scelte, ' di nicchia', da ascoltare, da e per
meditare; che ci aiuta sognare, perché un uomo che non è più capace di sognare
significa che si va spegnendo poco alla volta. E questo, in sintesi, Avati
afferma nel lungo appello di speranza servito’ in tempo di Coronavirus.
Lettera alla RAI, di Pupi Avati
Dormo di più la mattina, nel silenzio profondo, cimiteriale di una città morta,
appartengo anagraficamente alla categoria di quelli più svelti a morire.
Ma in questo sterminato silenzio, che è sacro e
misterioso e che ci fa comprendere la nostra pochezza, la nostra vigliaccheria,
ci commuove la consapevolezza dei tanti che stanno mettendo a repentaglio le
loro vite per salvarci.
E questo stesso silenzio sarebbe opportuno per i
tanti che, destituiti di ogni competenza specifica, continuano a sproloquiare
saltapicchiando da un programma all'altro privi di ogni pudore, di ogni senso
del limite. Coloro che con tanta solerzia, con tanta supponenza, ci hanno
accompagnato nel corso degli ultimi decenni appartengono al Prima del
Coronavirus, quando era possibile il cazzeggio. Ora, se usciremo da questa
esperienza, dovremo farne tesoro, dovremo trovare un senso a quello che è
accaduto, soccorrendo le tante famiglie di chi ha pagato con la vita, aiutando
a superare le difficoltà enormi, spesso insormontabili, nelle quali si
troveranno i più, impegnandoci tutti a sostituire il dire con il fare, come
accadde dopo la liberazione.
Quello che provo somiglia a quando al cinematografo
negli anni cinquanta si rompeva la pellicola e accadeva che venivi scaraventato
fuori da quella storia che era stata capace di sottrarti allo squallore del tuo
quotidiano. Rottura accolta da un boato di delusione simultaneo all'accensione improvvisa di luci fastidiose. Me ne restavo seduto, stretto in me stesso,
cercando di tenermi dentro il film, “ dimmi quando ricomincia“ dicevo a mia
madre tenendo gli occhi chiusi e pregando perché quelli su in cabina si
sbrigassero a riattaccare la pellicola. Perché fossi restituito al più presto a
quel magico altrove. Ecco, questo tempo che sto vivendo che non somiglia a
niente, è un pezzo della mia vita che vivo con gli occhi chiusi, in attesa di
poterli riaprire.
E quel mondo che si sta
allontanando, che non tornerà più ad esserci, che non piaceva a nessuno, del
quale tutti si lamentavano, eppure temo che di quel mondo proveremo una
crescente nostalgia.
E allora mi chiedo perché In questo tempo sospeso, tra il reale e l’irreale
come in assenza di gravità, i media e soprattutto la televisione e soprattutto
la RAI, in un momento in cui il Dio Mercato al quale dobbiamo la generale
acquiescenza all’Auditel, non approfitti di questa tregua sabbatica di
settimane, di mesi, per sconvolgere totalmente i suoi palinsesti dando al paese
l’opportunità di crescere culturalmente. Perché non si sconvolgono i palinsesti
programmando finalmente i grandi film, i grandi concerti di musica classica, di
jazz, di pop, i documentari sulla vita e le opere dei grandi pittori, dei
grandi scultori, dei grandi architetti, la lettura dei testi dei grandi scrittori, la prosa, la poesia, la danza, insomma perché non diamo la
possibilità a milioni di utenti di scoprire che c’è altro, al di là dello
sterile cicaleccio dei salotti frequentati da vip o dai soliti opinionisti.
Perché non proporre quel tipo di programmazione che fa rizzare i capelli ai
pubblicitari! Perché non approfittiamo di questa così speciale opportunità per
provare a far crescere culturalmente il paese stravolgendo davvero i vecchi
parametri, contando sull'effetto terapeutico della bellezza? Il mio appello va
al Presidente, al Direttore Generale, al Consiglio di Amministrazione della RAI
affinché mettano mano a un progetto così ambizioso e tuttavia così economico.
Progetto che ci faccia trovare, quando in cabina finalmente saranno stati in
grado di aggiustare la pellicola, migliori, più consapevoli di come eravamo
quando all'improvviso si interruppe la proiezione. E potremo allora riaprire
gli occhi.
Pupi
Avati
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E ADESSO PARLIAMO DI MUSICA.
E ADESSO PARLIAMO DI MUSICA.
Il brano che ho scelto oggi è diventato famoso grazie a uno dei più belli tra gli spot degli ultimi mesi, quello di TIM per il 5G. E' "Che puro ciel". da Orfeo ed Euridice, di Gluk. Prossimamente cambierò registro con alcuni brani ...dirompenti.
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